Presentato due anni fa nella sezione Ici & ailleurs del Festival di Locarno, Il viaggio di Gesù di Sergio Basso ripercorre l’itinerario evangelico intrapreso dal messia nei luoghi della Terra Santa. Un lembo di terra che duemila anni dopo, sulle orme dei pellegrini che ne calcano i sentieri, e dei raid infiniti che ne macchiano i confini, appare stretto tra insanabili contraddizioni. Affidato alla limpida prova d’attore di Valerio Binasco, il cammino del nazareno muove in una contemporaneità senza appello, in cui il fragore della guerra ha tacitato le parole di pace e fratellanza, e le bombe e l’orrore hanno disertato una terra arida che pure un tempo generò un nuovo mondo. Scrittori, musicisti, madri e studenti affiorano dalla polvere come fiori rari, premi alla fatica o miraggi che balenano, per poi tornare inghiottiti nel silenzio di un cammino che pare aver smarrito la meta. Del viaggio erratico, apparentemente indefinito ma segnato da una volontà imperscrutabile, pare non sia rimasto più nulla, duemila anni dopo la venuta di Cristo. Di quel viaggiare, liberante e liberatorio, sembra dire Basso, non è rimasto che un errare. Un peregrinare, che in ogni luogo, equivale a fallire.
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